L’uso dei social network nell’eziologia dei Disturbi Alimentari

L’uso di internet, e in particolare dei social network, è largamente diffuso tra adolescenti: in Europa circa il 70% dei ragazzi tra i 14 e i 17 anni ne fa uso, e tra questi, il 40% trascorre almeno 2 ore al giorno online (Tsitsika et al., 2014). Tramite la registrazione al sito, ogni utente può creare un proprio profilo personale, con foto e descrizioni, nonché guardare e commentare i profili degli altri iscritti, leggendo allo stesso modo i commenti degli amici virtuali sulla propria pagina.

Per tali motivi, alcuni ricercatori hanno indagato il rapporto tra l’utilizzo dei social network e i sempre più diffusi Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) con esordio in adolescenza e preadolescenza.

La letteratura più recente ha sottolineato che esiste una associazione tra l’esposizione ai media, l’insoddisfazione corporea e i DCA. Un meccanismo chiave risulta essere il confronto sociale (Smith et al., 2013): l’utilizzo della piattaforma social allo scopo di operare confronti sociali o auto-valutazioni negative sembra portare ad un aumento dei sintomi bulimici di binge/purge. Tale relazione è mediata dall’insoddisfazione corporea, che emerge soprattutto quando gli utenti effettuano confronti con le foto dei coetanei, in particolare quelli magri e attraenti (Rodgers & Melioli, 2016). Inoltre, la ricezione di commenti negativi in risposta ad aggiornamenti di status o alla ricerca di feedback è stata associata con livelli più elevati di preoccupazioni riguardanti il peso, la forma e l’alimentazione (Hummel e Smith, 2015).

All’interno di una eziologia multifattoriale, quindi, esiste un’associazione tra presenza di sintomi alimentari e mass media, in particolare i social network.  Quest’ultimi possono facilitare i confronti con modelli di bellezza irraggiungibili e influenzare la soddisfazione corporea e l’autostima dell’adolescente. I ragazzi interiorizzano tali ideali e, quando la loro apparenza non corrisponde a tali stereotipi, si sentono poco soddisfatti del loro aspetto esteriore e sperimentano insoddisfazione corporea.

In maniera straordinariamente facile, inoltre, è possibile entrare in contatto con i cosiddetti pro-anorexia websites o siti pro-Ana. Nati in epoca relativamente recente come movimento online di supporto alla virtuosità dell’Anoressia Nervosa (Norris, Boydell, Pinhas e Katzman, 2006), contengono informazioni ambigue e fuorvianti, promuovendo il disturbo come filosofia di vita e non come elemento patologico e motivo di sofferenza. Il materiale comunemente presente si focalizza sulla  thinspiration e si traduce in immagini di ragazze emaciate che tendono a rinforzare la distorsione dell’immagine corporea tipica del problema anoressico. Le immagini motivano alla perdita di peso corporeo, rinforzando i comportamenti restrittivi (Biolcati, 2010). L’esposizione al sito sembra avere effetti negativi immediati sulle ragazze giovani, in particolare una diminuzione dell’autostima e dell’auto-efficacia percepita, nonché una influenza sul confronto con l’immagine femminile e sulla piacevolezza di comportamenti legati al cibo, all’esercizio fisico ed al peso (Bardone-Cone e Cass, 2007).

Tali dati suggeriscono la necessità di una maggiore attenzione ai processi implicati nell’utilizzo dei social network e ai meccanismi che regolano la relazione tra l’uso delle piattaforme social, l’insoddisfazione corporea e i sintomi alimentari, favorendo un uso positivo del mondo web a cui si affacciano sempre di più anche i giovanissimi.

Sia l’Anoressia che la Bulimia, infatti, possono essere causa di complicanze mediche gravi se non trattate tempestivamente e adeguatamente (leggi anche VII Giornata nazionale del fiocchetto lilla: cosa sono i Disturbi dell’Alimentazione e come combatterli).  Questo rischio impegna sia i familiari a un’attenzione maggiore a comportamenti e pensieri “a rischio”, sia i professionisti dell’infanzia e dell’adolescenza a una diagnosi precoce e a un intervento terapeutico corretto, centrato non solo sul comportamento alimentare ma anche sul disagio emotivo sottostante il sintomo, sulla sofferenza familiare, e sull’eventuale comorbidità psichiatrica.