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26 Set La brava figlia: cosa avviene prima dell’Anoressia Nervosa

Posted at 08:33h in psicologia, adolescenza, prevenzione by info@centroclinicodemetra.it

L’Anoressia Nervosa, come è ormai largamente riconosciuto, è un serio disturbo che riguarda diverse fasce d’età. L’attenzione che viene oggi riconosciuta a questa patologia, è dovuta principalmente a due motivi: il crescente numero di diagnosi e le gravi conseguenze che questa malattia comporta per le ragazze colpite.

Ad aggravare maggiormente il quadro generale, la diagnosi, in molti casi, arriva tardivamente rispetto all’inizio effettivo delle problematiche psicologiche e di quelle legate all’alimentazione. Mentre queste ultime vengono riconosciute più facilmente e destano maggiore preoccupazione nei genitori, le difficoltà psicologiche godono di una minore visibilità. Possono infatti rimanere nascoste per anni, emergendo a posteriori solo all’interno di un’attenta ricostruzione della storia individuale della bambina/adolescente.

Attualmente l’approccio più efficace affronta la malattia con una lettura multifattoriale, che considera il contributo delle componenti biologiche, individuali e familiari. In tal senso, può avere un ruolo rilevante l’individuazione di alcuni tratti individuali, che, anche se non determinano in modo lineare il successivo esordio della malattia, sicuramente rappresentano un fattore di rischio.

Tra le caratteristiche più frequenti ritroviamo spesso una precoce acquisizione del senso del dovere ed una spiccata autonomia, aspetti che chiaramente gratificano i genitori e che vengono confermati da una carriera scolastica brillante e/o da un grande impegno nell’attività sportiva praticata. Queste bambine appaiono come delle figlie-modello, che non adottano comportamenti rischiosi e dimostrano la loro responsabilità limitando le proprie richieste solo a ciò che può trovare il consenso dei genitori.

Quando tali aspetti vengono confermati anche dall’immagine che la famiglia e la scuola rimandano di queste figlie, vengono consolidati e vanno a costituire un’identità dalla quale diventa difficile differenziarsi.

Ma come possono delle caratteristiche considerate generalmente positive predisporre ad una patologia futura?

Questi aspetti da soli non hanno come conseguenza diretta il disturbo alimentare, ma uniti ad altri fattori aumentano le probabilità che questo possa verificarsi. Infatti, possono predisporre alla patologia se sono associate a: difficoltà nelle relazioni sociali, ricerca del perfezionismo (e rigidità) nelle attività che vengono intraprese e presenza di uno spiccato senso di colpa, che può portare queste bambine ad anteporre le esigenze degli altri ai propri bisogni. Se da un lato queste “brave figlie” appaiono molto attente al giudizio degli adulti, sono proprio la diversità e la limitata socialità rispetto ai loro coetanei a poter rappresentare un fattore di rischio.

La manifestazione del disturbo alimentare spesso avviene in adolescenza, periodo carico di cambiamenti e che dovrebbe comportare anche una trasformazione caratteriale. Gran parte di ciò che ha costituito le caratteristiche dell’infanzia viene rimesso in discussione: le trasformazioni fisiche si susseguono e lo sconvolgimento ormonale impone dei cambiamenti che riguardano tutta la sfera psicologica. Ma, se i mutamenti che riguardano il corpo sono automatici e repentini, quelli psicologici presuppongono in tutti gli adolescenti l’accettazione di questi cambiamenti e la sofferenza che inevitabilmente ne deriva.

Generalmente, l’adolescente che comincia il suo percorso di graduale auto-individuazione dal contesto familiare spesso adotta comportamenti provocatori, che rimarcano il desiderio di sentirsi riconosciuto come persona diversa. Nel percorso di crescita di queste ragazze, invece, spesso sono assenti sia le criticità peculiari dell’infanzia che dell’adolescenza e l’emersione del disagio individuale avviene solo attraverso l’Anoressia. Il rifiuto del cibo, quindi ,assume molteplici significati: da un lato riguarda la differenziazione, dall’altro può manifestare una difficoltà a crescere.

Il disagio può portare alla valutazione critica del proprio corpo, che può arrivare ad una vera e propria percezione alterata e ad una marcata attenzione per i modelli proposti dai mezzi di comunicazione ed esterni all’ambito familiare. Inoltre, l’aspetto di competenza che ha caratterizzato la loro storia, rende più arduo per queste ragazze chiedere aiuto nei momenti di difficoltà, dato che tali richieste potrebbero mettere in discussione l’immagine di “brava figlia”.

In queste fasi, risulta fondamentale il supporto della famiglia che, se riesce a sostenere l’adolescente nella ricerca di una nuova sicurezza ed identità, assume il ruolo di fattore protettivo. Se viceversa prevalgono atteggiamenti di critica o di svalutazione, si rischia di contribuire all’acutizzarsi della situazione (vedi anche Anoressia nervosa in adolescenza: cosa possono fare i genitori?). Tuttavia, questi segnali, che portati all’estremo possono sfociare nella patologia, non devono essere individuati ed interpretati solo dalle famiglie, ma occorre una maggiore attenzione e sensibilizzazione da parte di tutte le figure che si occupano dell’educazione e della cura di bambini ed adolescenti.

 

Bibliografia

Montecchi, M. (2009). Il cibo-mondo persecutore minaccioso. I disturbi del comportamento alimentare dell’infanzia e dell’adolescenza. Franco Angeli, Milano.

Onnis, L. (2004). Il tempo sospeso. Anoressia e bulimia tra individuo, famiglia e società. Franco Angeli, Milano.

Tags:
adolescenza, anoressia nervosa, demetra, disturbi alimentari, personalità, prevenzione, psicologo, roma, terapia familiare
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