03 Lug Adolescenti ed estate. Un tempo nuovo, tra angoscia ed opportunità
All’estate chiedo
alberi gonfi di frutta e campagne dorate,
il mare azzurro e terrazze luminose,
la tregua di ogni paura e inquietudine,
un granello di allegria, una vibrazione di possibile.
Fabrizio Caramagna
L’estate, con le sue giornate lente e illuminate dalla luce del sole dilatate nel tempo e nello spazio, rappresenta un momento dell’anno a cui tutti aspiriamo; una meta ambita che nelle lunghe giornate invernali viene fantasticata e desiderata. Chi infatti durante un noioso pomeriggio invernale, preso tra studio o lavoro, non si è mai immaginato su una spiaggia paradisiaca a leggere un buon libro o a sorseggiare un drink ristoratore alla luce di un caldo pomeriggio estivo? Arrivati al momento delle vacanze qualcosa, però, può andare storto; ad essere catapultati in questo spazio libero e scardinato dai dettami della routine quotidiana ci si può ritrovare spaesati e con un misto di malinconia e di vuoto. Molti psicoterapeuti sono d’accordo nell’affermare che durante i periodi di vacanza, siano questi estivi o invernali, ci si può trovare di fronte ad un aumento dell’insofferenza e che sono molte le persone che in questi periodi dell’anno decidono di chiedere l’aiuto di un esperto.
Anche per gli adolescenti le lunghe vacanze estive rappresentano soprattutto il momento del tempo libero che apre la porta alle opportunità, un tempo che muta forma e sostanza; non ci sono più le campanelle scolastiche a scandire il ritmo delle mattinate e scompaiono i compiti che riempivano i pomeriggi. Ci si ritrova, così, a dover vivere secondo un ritmo ed un tempo interiore che trasforma la giornata dell’adolescente, che questo ritmo ancora fatica a trovarlo, in un’alternanza di noia e apatia da una parte e di iperattività e trasgressione dall’altra.
Così per molti ragazzi le vacanze possono rappresentare l’opportunità di entrare più in contatto con se stessi e la possibilità di dedicarsi alle proprie passioni, agli svaghi ed anche all’esplorazione, attraverso le esperienze con il gruppo dei pari, di nuove capacità sociali. Si intensificano infatti i momenti collettivi, che possono assumere le connotazioni di veri e propri riti di passaggio, e si sente più forte l’emergere della pulsionalità e di un corpo che si impone nelle sue esigenze e nei suoi bisogni. Fuori dalle regole e dalle incombenze quotidiane l’adolescente si allena dunque ad ascoltare i segnali provenienti dal suo mondo interiore cercando di metterli in relazione con quelli provenienti dall’esterno, un mondo nuovo da esplorare e da conoscere.
Ma cosa succede a chi questo ritmo interiore fatica a trovarlo?
La parola anoressia deriva dal greco e significa letteralmente “mancanza di appetito”; ciò che la ragazza anoressica ripropone simbolicamente nel suo rifiuto del cibo è una chiusura nei confronti dell’altro e del mondo, nella vita non vi è di fatto nulla da appetire. In un tempo vuoto come quello estivo, dove sono finite le attività quotidiane, la ragazza può ritrovarsi a sperimentare un vuoto interiore tradotto come un vero e proprio attacco alla propria identità. La scuola, che per molte di loro rappresenta un contenitore delle proprie ansie e un teatro della loro bravura, divenuta un appendice della propria identità è conclusa; essere “quella brava ragazza” che studia e che è la prima in tutte le attività scolastiche ed extrascolastiche non basta più. Tutte quelle sfide con cui un adolescente è chiamato a confrontarsi sono per loro molto difficili, sperimentare se stesse è quasi impossibile perché nel corso del loro sviluppo tali ragazze hanno perso la capacità di essere in contatto con se stesse.
La possibilità di iniziare a vivere in modo autentico e creativo, stabilendo relazioni sociali basate sul reciproco scambio e non sul confronto e sulla competizione, affonda le sue radici in un periodo lontano nell’esistenza di ciascuno di noi. Lo sviluppo della propria identità prende le mosse dai primi stadi di sviluppo infantile grazie all’incontro con un ambiente capace di rispecchiare in maniera adeguata i bisogni e desideri accentandoli (Winnicott, 1971). Qualora l’ambiente, per i più svariati motivi, non è stato in grado di assolvere a tale funzione il bambino (e l’adolescente poi) tenderà ad accondiscendere ai desideri altrui, unico modo per garantirsi la vicinanza dell’altro. Per questo molte delle giovani ragazze anoressiche hanno perso la capacità di sperimentarsi e di scoprirsi attraverso le relazioni con l’altro ma, avendo l’occhio sempre puntato verso il fuori, si ritrovano schiave di un ideale imposto e della ricerca dell’approvazione sociale.
Così facendo divengono sempre meno in grado di accedere ad una dimensione autentica di un sé in contatto con i propri desideri. Dover prendere contatto con i propri desideri significa per queste ragazze giunte alle soglie dell’adolescenza sperimentare un forte senso di vuoto identitario, tradotto sul corpo con la costante ricerca di una magrezza evanescente e con la necessità continua di sentire uno stomaco vuoto. Tale “passione per il vuoto” rappresenterebbe, dunque, proprio l’estremo sforzo di svuotare le proprie menti dalla pienezza delle immagini e dei bisogni dell’altro ed il corpo, che la ragazza cerca di controllare così duramente, è un corpo che è divenuto luogo dell’Altro (Recalcati, 1997) e che viene così percepito come invadente e soffocante proprio, come abbiamo visto, l’ambiante esterno.
Questo corpo, diventato bersaglio di mille battaglie, in questo momento dell’anno inoltre viene esibito da tutti con più o meno disinvoltura e ci si confronta con amici e coetanei che, riuscendo a scoprirsi con maggior disinvoltura, rappresentano simbolicamente la loro maggiore apertura sociale. Essi sono, per la ragazza anoressica, più in grado di uscire e di affrontare le sfide sociali che in questo momento dell’anno si fanno più pressanti, le giornate calde dunque mettono di fronte alla possibilità di doversi scoprire, sia nel corpo che nei propri desideri ed opportunità. Nella ricerca della propria individualità, cosi come non mangiando la ragazza cerca strenuamente di liberarsi dalle proiezioni familiari, ritirandosi dalle sfide del sociale tenta di riscoprirsi individuo.
In estate aumentano le occasioni per stare insieme, e queste molto spesso si svolgono attorno al cibo, aperitivi in spiaggia, cene all’aperto; il cibo inteso nella sua forma conviviale del mangiare insieme, da sempre rappresenta un elemento di integrazione dell’individuo nella società. Se osserviamo la storia personale e collettiva possiamo notare come, ad ogni rito di passaggio, ci si ritrova insieme e spesso si celebra con un pranzo collettivo l’ingresso dell’individuo ad una nuova vita. Pranzare insieme garantisce il sentirsi parte di un gruppo e combatte l’isolamento (Lavanchy, 1994) che molte volte in queste pazienti è invece ricercato come strumento di differenziazione.
Così possono ritrovarsi da sole, ritirate nel proprio mondo di conteggio di calorie ed alimentazione che se da un lato le protegge occupandone il pensiero e anestetizzando illusoriamente la mancanza di una vita relazionale adeguata dall’altra contribuisce a mettere sempre più distanza tra loro e quello che è il mondo reale. Questo stile di vita drastico con la limitata assunzione di cibo, il progressivo ritiro sociale per eludere i momenti collettivi e la repressione più generale degli istinti e delle pulsioni del corpo rientrano in quello stile di vita ascetico che porta la ragazza anoressica ad allontanarsi dagli altri e da tutte quelle esperienze che invece sono fondamentali in adolescenza per crescere e sviluppare una buona capacità affettiva-relazionale.
L’estate rappresenta dunque un momento particolarmente difficile, che può esser coinciso con il momento in cui si sono concretizzate tutte le difficoltà (molto spesso infatti iniziano con una dieta proprio in questo momento dell’anno), ma che può attraverso un supporto adeguato divenire luogo di crescita e cambiamento (leggi anche L’estate e la moda del dieting: quali sono i rischi per gli adolescenti?). Un importante strumento che permetterà di dare forma a questo vuoto è il linguaggio, la sofferenza di queste ragazze necessita di essere accolta attraverso una relazione empatica e rispecchiante. Aumentare i momenti di confronto e di dialogo che non ruotano intorno al cibo, ma che cercano di accogliere e capire la difficoltà che in questo rapporto è riportata, può aiutare ad iniziare a capire e sentire le proprie necessità a livello emotivo e non più agirle attraverso il corpo. L’ascolto e l’accoglienza, più che il fare, rimangono dunque gli strumenti principali per affrontare la sofferenza di queste ragazze in estate come in qualsiasi momento del difficile anno vissuto.
Bibliografia
Lavanchy P. (1994). Il corpo in-fame. Milano: Rizzoli editore.
Recalcati M. (1997). L’ultima cena: Anoressia e bulimia. Milano: Mondatori.
Winnicott D.W. (1971). Gioco e realtà. Roma: Armando editore.