La preadolescenza e la costruzione dell’identità.Il corpo come mediatore nelle relazioni

Nella vita di un individuo tanti sono i passaggi che richiedono impegno ed energia per affrontare i cambiamenti che ne conseguono; emergono in tali momenti nuove capacità alcune rivoluzionarie ed altre meno visibili ma che richiedono un’altrettanto faticosa ristrutturazione dell’ordine precedente. Se pensiamo ad un bambino quante meravigliose scoperte ci vengono in mente… un bambino piccolo impara a parlare e a camminare. Primi passi e prime parole acquisiscono una tale importanza che, soprattutto in questa nostra era digitale, vengono riprese e catalogate da genitori impazienti che rafforzano, con i loro elogi positivi, tali nuove acquisizioni poiché esse rendono visibili concretamente ai loro occhi impazienti il processo di crescita. Da esse si riceve infatti la conferma che tutto si stia svolgendo secondo i canoni prestabiliti: mio figlio è così bravo e diligente ed anche io sono un così un bravo genitore!

Tuttavia ogni individuo non smette mai di crescere e anche altre scoperte andrebbero sostenute e accompagnate come quando, all’inizio della vita, tendiamo la nostra mano ad un piccolo che impara a muovere i suoi primi passi nel mondo.

Il passaggio all’adolescenza è uno di questi fondamentali momenti, è questo il tempo in cui i ragazzi devono imparare di nuovo a camminare accedendo ad una nuova forma di stare al mondo. Tuttavia l’adolescenza avendo come caratteristica proprio la lotta per la differenziazione dai modelli genitoriali con il fine di dover creare una propria identità personale e separata è un processo che appare in una forma più intima e personale e, per questo, meno visibile agli occhi dei genitori. Si separano gli spazi, si costruiranno più aree private che l’adolescente tenterà di proteggere a tutti i costi creando una separazione che a volte può sembrare insanabile ma che richiede solamente un occhio più attento e una rielaborazione della visione che si ha del proprio figlio e delle modalità relazionali. In un certo senso dovrà nascere anche un nuovo modo di essere genitori, un modo che si dovrà modificare più a favore di un ascolto e di un’osservazione attenta e aperta all’accettazione del nuovo.

 

La preadolescenza e il corpo che cambia

 

La stessa sfida impegna dunque genitori e figli, questi ultimi dovranno innanzitutto imparare a conoscere un corpo che cambia, che diviene più grande e che si modifica occupando un nuovo spazio sia fisico che psichico (leggi anche Pubertà e corpo in adolescenza: che cosa mi è accaduto?). Le profonde modificazioni corporee che segnano l’entrata in adolescenza avranno un loro corrispettivo sul versante emotivo. Innanzitutto con lo sviluppo, si assiste ad un generico risveglio delle pulsioni sessuali che va a modificare gli schemi corporei che il bambino ha creato nei dieci anni precedenti ed elicita l’ambivalenza tra la nostalgia di un corpo, e genericamente di un mondo, infantile e conosciuto e la naturale spinta al cambiamento (Montecchi, 2009). L’adolescenza irrompe dunque come un elemento di discontinuità tra ciò che è stato fino a quel momento e ciò che è e che sarà. L’irrequietezza, la goffaggine e l’impaccio nelle relazioni sono il corrispettivo visibile di tali modificazioni.

I ragazzi attueranno diverse strategie per entrare in contatto con questo nuovo corpo e questi nuovi modi si realizzeranno all’interno delle relazioni con l’altro. Il corpo è da sempre, sin dai momenti più precoci dello sviluppo, un mediatore tra ciò che è all’interno e ciò che è all’esterno. Attraverso questo involucro ci si rapporta agli altri. Osservando un gruppo di ragazzi dagli 11 ai 13 anni è molto facile ritrovarsi di fronte a scene in cui questi ingaggiano lotte tra di loro: si rincorrono, si spintonano e genericamente esprimono la loro fisicità attraverso dei contatti più o meno diretti e rivolti principalmente allo stesso sesso. Le ragazze, invece, inizieranno a confrontarsi tra loro imparando a maneggiare questo nuovo corpo investendo sulla valorizzazione estetica e subendo maggiormente il confronto coi modelli imposti dai mass media.

Poiché la propria identità non si costruisce da sola ma ha bisogno dello sguardo dell’altro per definirsi (Galimberti, 2008), per l’adolescente, che sta investendo maggiormente sul mondo dei pari all’esterno della famiglia, non è più sufficiente lo sguardo del genitore poiché ha bisogno di essere guardato da colui che è simile a lui. Maggiore importanza dunque rivestiranno tutti quei contesti in cui si troverà a confrontarsi con i compagni come la scuola, i gruppi sportivi o i gruppi spontanei (leggi anche Lo spazio sociale: uno specchio del benessere individuale).

Un altro contesto che negli ultimi anni si è andato a definire come luogo di relazione per i ragazzi è quello del web. In questa epoca anche i social network si sono evoluti spostando l’asse dalla condivisione di alcuni contenuti alla sempre maggior esposizione della propria immagine (leggi anche L’uso dei social network nell’eziologia dei Disturbi Alimentari). Soprattutto per le ragazze, essere all’altezza del canone estetico imposto diviene sempre più importante e va a sovrapporsi alla creazione di un’ identità poiché il corpo stesso diviene la propria identità. Si esiste in quanto il proprio corpo è visibile agli altri. Per tutti quei ragazzi che non eccellono in altre qualità, a scuola non brillano e non hanno una passione che li avvince il mostrare il proprio corpo e la propria immagine può venir ad essere l’unico mezzo attraverso cui ricevere il riconoscimento necessario alla costruzione della propria identità.

Le modificazioni corporea e la sessualizzazione del corpo infantile però dovrebbe procedere il più possibile di pari passo con la maturazione emotiva; ma, all’interno di una società che diventa sempre più veloce, il corpo e la psiche possono subire una frattura consistente (leggi anche Il disagio della società e i disturbi alimentari). Ad oggi basta una foto su instagram o un video, che deve durare pochi secondi, su tik tok a ricevere like e commenti. In questo scorrere veloce il corpo diviene dunque sempre più distante dalla parte emotiva e in questa sua distanza viene utilizzato, soprattutto dalle ragazze, come un oggetto per acquisire il favore dell’altro. Ma tale esposizione può aprire la strada a molti rischi proprio perché un altro piano è rimasto indietro, l’emotività è rimasta infantile.

 

In questa situazione di passaggio gli adulti di riferimento, a casa e a scuola, cosa possono fare?

 

Inutile sarà assumere un atteggiamento repressivo e giudicante rispetto a questi fenomeni, piuttosto sarà utile mostrarsi aperti ed accoglienti offrendo quello sguardo necessario alla crescita uno sguardo in grado di capire. Sarà importante per questi ragazzi incontrare figure adulte significative che tenteranno di sanare questa frattura, capaci cioè di ricucire attraverso una continua ridefinizione della realtà il piano emotivo e quello corporeo.

Molto utile sarà impegnare i ragazzi in tutte quelle attività espressive in grado di far imparare al giovane ad utilizzare il proprio corpo come mezzo attraverso cui esprimere le proprie emozioni o, più in generale, come qualcosa portatore di un’identità più complessa formata da valori, passioni e attitudini personali. Per questo il compito di un educatore sarà quello di fornire la guida necessaria alla scoperta dei propri talenti così che i ragazzi possano assumere una visione ed un’interpretazione di se stessi e dell’altro più globale ed unitaria.

 

Bibliografia

Montecchi F. (2009). Il cibo-mondo, persecutore minaccioso. I disturbi del comportamento alimentare dell’infanzia e dell’adolescenza. Per comprendere, valutare, curare. Milano: Franco angeli editore.

Galimberti U. (2008). L’ospite inquietante. Il nichilismo e i giovani. Roma; Feltrinelli.